Ordinazione Sacerdotale San Giuseppe da Copertino

Rimaneva l’esame di ammissione al sacerdozio: i candidati erano 5 per la Provincia di Puglia. I primi quattro avevano un curriculum regolare e conseguirono un buon risultato. Mentre stava per arrivare il turno di Fra Giuseppe un messaggero trafelato portò un ambasciata urgente al Vescovo: il trasferimento alla Diocesi di Anglona-Tursi. Fatto sta che la tensione del vescovo sugli esami si allentò e così pensò di allargare anche all’ultimo candidato il giudizio positivo dato agli altri. Immensa fu la gioia di Giuseppe che si ritenne “miracolato” e fu ordinato sacerdote il 28 Marzo 1628. L’intervento divino, segno di una predilezione tutta particolare era ben chiaro: la consapevolezza di aver ricevuto veramente tutto da Dio diventerà per Fra Giuseppe uno stimolo a perseguire la santità. I superiori lo lasciarono al Convento della Grottella anche per farlo sfuggire ad un controllo troppo evidente della sua miseria naturale. I dieci anni di apostolato che gli fu concesso dall’obbedienza di trascorrere alla Grottella (1628-1638), furono veramente ricchi di frutti spirituali, sia per Giuseppe, sia per i numerosi pellegrini e devoti che ricorrevano a lui, “il Santo della Grottella”.

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Messaggio Don Antonio Raho-Anno sociale 2022

Carissimi fratelli e sorelle, dopo circa due anni di pandemia, in questo 2022, desideriamo rivestirci dell’abito nuovo del ritornare a festeggiare, religiosamente e civilmente, il nostro santo concittadino Giuseppe Desa, anche se col cuore non si è mai smesso di sperare nella gioia del Signore. Vestiamo a festa il nostro cuore di figli e figlie di Dio nel continuare a camminare insieme, presi per mano dal nostro “santo dei voli”, compiendo anche noi, sul suo esempio, il salto di qualità balzando, cioè, dall’esperienza del peccato e della morte alla bellezza della Grazia e della Vita. Mentre i nostri sguardi, già feriti dal covid-19, ed ora oppressi anche da venti avversi di guerra, si ritrovano ritrosi nello slancio di oltrepassare i nostri limitati orizzonti umani per entrare in quelli divini del regno dei Cieli, desideriamo più che mai, incoraggiati da san Giuseppe nostro, accogliere “nella dimora del nostro cuore” la Vergine Santa, Madonna della Grottella, per immergerci, come ha fatto lui, nel Suo Sguardo “pieno di Spirito” e “volare” gustando assieme a Lei la presenza di Dio in Gesù Cristo, Principe della Pace, nella nostra storia. È con l’abito nuovo del far festa insieme per le strade della nostra Copertino che esprimiamo tutto ciò accogliendo, attraverso l’esteriorità di riti e tradizioni propri della nostra “pietà popolare” , la grande ed unica sfida del “spiccare il volo”che Gesù Cristo stesso ci affida, divenendo, come san Giuseppe, “sale della terra e luce del mondo”(Mt 5, 13-14). Consapevoli che la vera devozione ai santi e alla Vergine Maria, Madre di Dio e nostra, è quella di “imitarli”nel cammino di fede, lasciamoci prendere per mano dal nostro san Giuseppe e, nel festeggiarlo dignitosamente, diamo insieme un messaggio di speranza non solo nel territorio della nostra diocesi di Nardò-Gallipoli, ma anche nel mondo riguardo la “fedeltà di Dio”che trionfa già col bene sul male, con l’amore sull’odio, con la Pace senz’armi sulla guerra, ed con la Luce del Suo Giorno senza fine su ogni tenebra dei nostri giorni. Buona Festa, in onore di san Giuseppe nostro, a Tutti!

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Messaggio sua eccellenza-Anno sociale 2022

Nardò, 20 maggio 2022 Carissimi fratelli e sorelle, con gioia ci disponiamo a festeggiare quest’anno il nostro concittadino S. Giuseppe. Il mio augurio è che questi giorni siano ricchi di spiritualità e di solidarietà, spazzino via le nubi della paura, dell’ansia e di ogni timore e colmino i cuori con la bellezza dell’amicizia e della fraternità. È importante in questi tempi difficili custodire e coltivare le cose buone presenti nelle nostre tradizioni religiose e nel patrimonio spirituale e culturale, ma vogliamo anche migliorare le reciproche relazioni per il bene nostro e di tutta la Città di Copertino. Noi cristiani siamo chiamati a coltivare uno spirito di speranza verso il futuro che si presenta con le sue sfide sociali, economiche, politiche, culturali, e stemperare l’inquietudine così diffusa tra noi a causa di scelte di vita sbagliate o soprattutto a causa del nostro allontanamento da Dio. La nostra speranza nasce dalla fede e dalla convinzione che Dio ci ha creati e ci sostiene, non ci abbandona se viviamo le indicazioni del Vangelo, se come S. Giuseppe coltiviamo la nostra fede e amicizia col Signore, se con la nostra operosità miglioriamo le nostre abitudini. Le esperienze di sofferenza e il senso di responsabilità ci porteranno a mettere al primo posto la solidarietà, l’attenzione e la compassione verso i nostri fratelli che vivono in uno stato di bisogno. Questi segni di solidarietà testimoniano il bisogno che abbiamo gli uni degli altri per il benessere di tutti e della stessa casa comune. Come ha notato Papa Francesco, «la solidarietà oggi è la strada da percorrere verso un mondo post-pandemia, verso la guarigione dalle nostre malattie interpersonali e sociali» è «una strada per uscire migliorati dalla crisi» (cfr. Udienza Generale, 2 settembre 2020). L’augurio è che S. Giuseppe aiuti tutti noi a scoprire e diffondere la speranza con gesti di cura, affetto, gentilezza e compassione, che sono più contagiosi dello stesso coronavirus. Auguro a tutti una festa degna di una città che vanta un concittadino Santo.

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Messaggio Sindaco Prof.ssa Sandrina Schito-Anno sociale 2022

Mie care Concittadine, miei cari Concittadini, sono emozionata nel consegnarvi i miei pensieri perché sento di interpretare quelli di ognuno di voi. Mai come quest’anno abbiamo bisogno della nostra festa, la festa di San Giuseppe. Abbiamo bisogno del NOSTRO SANTO perché ci aiuti a volare di nuovo, con la speranza e con la voglia di rimetterci in cammino. Siamo, infatti, reduci da uno dei periodi più bui degli ultimi decenni – quello della pandemia – che ci ha fiaccati nel corpo e nello spirito, dandoci la misura di quanto le nostre effimere certezze umane siano labili, evanescenti, appese a un filo. E, come se non bastasse, adesso la guerra ci fa rivivere ricordi antichi e ben presenti – anche se non li abbiamo sperimentati direttamente – di momenti terribili che purtroppo oggi stanno affliggendo un altro popolo. Le difficoltà, che la nostra Città, l’Italia e il mondo hanno vissuto, chiedono di essere superate con nuova linfa, con slancio e con speranza. Chiedono a tutti di ritornare ad essere “Comunità”. Abbiamo tutti bisogno di riappropriarci di una socialità smarrita e possiamo ricominciare a farlo solo ritrovandoci. La festa è anche questo: è riassaporare finalmente l’essenza della comunità, la bellezza di poter – senza più limitazioni (anche se la prudenza è sempre d’obbligo) – stare insieme per parlare e dialogare, riprendendo discorsi interrotti. Tutto della festa è è rinascita, è ripartenza, è bisogno di volare. Volare, appunto: cosa in cui eccelleva il nostro amato Santo. Sappiamo bene cosa rappresenti per noi copertinesi il 18 settembre. Il tempo che precede quella data è solo attesa. Un’attesa che si ripete ogni anno, immutabile; è Epifania, è preparazione all’abbraccio con il FIGLIO AMATO che “ritorna” senza essere mai partito dal cuore. È vigilia. A Copertino San Giuseppe attraverserà nuovamente in processione le strade del suo paese e sarà un ritorno a casa, che sa di speranza. Tra gli sguardi commossi il Nostro Santo ritornerà, e il tempo sembrerà essersi fermato. La devozione popolare è anche questo, è emozione, è un sentimento difficile da tradurre, è speranza per i nostri anziani e per i giovani, è gioia per i bambini. È casa e le luci colorate sono ricami con cui addobbare l’attesa. Così l’augurio alla nostra città è quello di vivere la festa nel suo significato più profondo, sentendosi parte di essa: l’augurio è ripartenza. Il mio pensiero va poi sempre a chi è lontano e non può tornare a Copertino, ma con il cuore non è mai partito, vivendo la nostalgia che può dare la lontananza dalla propria terra, quando il suo ricordo e finanche l’aria che si respira nel nostro settembre d’estate piena si fanno struggenti. L’augurio, quindi, è rivolto a tutti i copertinesi, nessuno escluso, affinché possano ritornare a volare. Sandrina Schito Sindaco di Copertino

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Messaggio presidente Giuseppe Renis-Anno sociale 2022

Ho sempre vissuto il mio impegno per Copertino tra la gente. Del mio paese conosco gli umori, le mode, il carattere, le speranze, le preoccupazioni, i vizi e le virtù, di ieri e di oggi. Avendo assunto l’impegno, come Comitato Festa, a realizzare anche quest’anno le celebrazioni per il nostro Santo, ci siamo subito dati da fare per reperire le risorse secondo il metodo tradizionale della questua. Dopo questi due anni sciagurati, funestati dalla terribile pandemia, ci siamo accorti però che molte cose sono cambiate. Soprattutto tra i più giovani. Mentre per una generazione più avanti negli anni, la Festa resta un grande evento cui è etico e sentito l’impegno a contribuire, per i più giovani tutto ha smarrito il suo senso. Abbiamo riscontrato molta indifferenza al nostro impegno e sacrificio di volontari. Questo ci ha sorpresi e mortificati non poco. Riflettendo ho pensato che l’antico senso di questo evento, il desiderio di contribuire in nome della collettività, il rispetto e l’affetto per le tradizioni, si stiano gradualmente smarrendo. Ciò apre a preoccupazioni per il futuro. Da un lato duole vedere questa mutazione sostanziale da parte della collettività. Dall’altro ciò finirà inevitabilmente col mettere in pericolo la sopravvivenza stessa di una storia tanto antica quanto importante per la nostra comunità cittadina. Noi del comitato guardandoci intorno vediamo solo la nostra generazione, e chi ci ha preceduti, a sostenere la fatica economica ed organizzativa di questo evento. Questo preoccupante avanzare dell’indifferenza ci inquieta e ci amareggia. Ci auguriamo vivamente che sempre più giovani riscoprano non solo il senso di questa tradizione, ma soprattutto il senso di appartenenza ad una comunità. Senso che ci pare quasi del tutto scomparso. E questo è un problema più ampio e socialmente rilevante. Non si può essere spettatori inerti alla fine di una lunga storia. L’unica strada che possiamo indicare in base alla nostra conoscenza del territorio e delle persone, è uno straordinario impegno collettivo. Ciascuno dal proprio canto faccia la propria parte. Come avvenuto sinora, la sinergia con le istituzioni deve restare forte. Ma non solo con uno sguardo al presente ed agli impegni imminenti. Occorre uno sguardo altruistico e attento al futuro. Noi del Comitato abbiamo fatto e continueremo a fare la nostra parte. Ma gli eventi, le tradizioni, hanno un ciclo vitale più lungo. Spetta a chi vive il presente pianificare il futuro con impegno e responsabilità. Una stretta collaborazione tra la Diocesi di Nardò-Gallipoli, i Frati, L’Amministrazione Comunale ed il Comitato Festa è già un’esperienza consolidata. E’ in questa direzione che occorre continuare, mirando ad una costante e serena cooperazione territoriale. Con un occhio al passato sicuramente. Ma l’altro al futuro. ASSOCIAZIONE “ SAN GIUSEPPE DESA – ILSANTO DEI VOLI” COMITATO FESTA ANNO 2022 IL PRESIDENTE GIUSEPPE RENIS

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Messaggio Fra Matteo Ornelli-Anno sociale 2022

Carissimi Copertinesi e devoti tutti di San Giuseppe, il Signore vi dia pace! Viviamo tempi difficili dovuti alla pandemia e alla guerra, con le ripercussioni a livello sociale ed economico che queste comportano. Ogni giorno ci raccomandiamo all’intercessione del nostro Santo copertinese, perché il Signore ci liberi da tali flagelli e ci aiuti ad affrontare, con coraggio e saggezza, impegno ed onestà, le problematiche che le vicende personali e la storia ci presentano. Tuttavia, pur consapevole di tutto ciò, nel rivolgermi a voi attraverso questa pubblicazione, vorrei soffermarmi brevemente su tre novità che caratterizzano già e arricchiscono il presente francescano josefino del nostro paese, e proiettano la loro luce sulla novena di quest’anno. Mi riferisco alla presenza di una comunità di frati al santuario della Grottella, al processo canonico sull’eroicità delle virtù di padre Egidio Merola, e alla realizzazione di un percorso turistico religioso dei luoghi di Copertino che fanno riferimento al nostro Santo. Alla Grottella, luogo abitato e amato da San Giuseppe, a partire da ottobre scorso è presente una comunità francescana conventuale, che si dedica all’animazione liturgica e culturale del santuario e alla cura di frati anziani non autosufficienti. Attualmente sono in sei, di cui tre anziani bisognosi di assistenza. Sappiamo quanto San Giuseppe amasse questo luogo, quanto invitasse a rivolgere cuore e preghiere alla “Mamma della Grottella”. I Copertinesi non hanno mai abbandonato la devozione all’immagine della Madonna della tenerezza ivi venerata; i frati hanno custodito l’eredità mariano josefina del santuario come meglio hanno potuto. La presenza di una comunità francescana assicura la continuità di tale devozione ed è un dono per tutti i devoti di San Giuseppe, copertinesi e non, che hanno la possibilità di usufruire di un luogo speciale, dove si respira pace e che trasuda spiritualità mariana e josefina. Il processo canonico di padre Egidio, nella sua fase diocesana, è alle battute finali. Chi lo ha conosciuto non dubita delle virtù eroiche di questo frate, umile nella figura e nell’animo, cresciuto all’ombra dell’eredità spirituale di San Giuseppe e che tanto bene ha saputo seminare, con la parola e l’esempio. Possa egli spronarci ad una santità di vita possibile per tutti, nell’oggi della nostra storia e della nostra quotidianità. Se infatti San Giuseppe non provoca in noi aneli di cielo, di bontà e di bellezza, allora a poco servono processioni, feste e luminarie. Queste non danno la fede né la tolgono, né tanto meno cambiano la vita. Al contrario, sono elementi validi e genuini se diventano sempre più espressioni di una fede vissuta e di una vita convertita al Vangelo. Infine, la realizzazione, curata dall’Istituto “Vittorio Bachelet”, di un percorso turistico religioso dei luoghi di Copertino che fanno riferimento al nostro Santo. Negli ultimi anni si è sviluppata molto la cultura del cammino, spesso legato a figure di santi o a santuari. Per noi cristiani si tratta di vivere un “pellegrinaggio”, cioè un cammino di fede, che porti all’incontro con luoghi e figure ricchi di spiritualità. Il cammino josefino, all’interno del territorio di Copertino, consente di incontrare il nostro santo concittadino attraverso i luoghi della sua quotidianità, ed è una iniziativa pensata sia per i turisti che per i pellegrini, per i forestieri in visita alla città e per i Copertinesi. E un cammino non è mai banale, né un incontro rimane sterile, se sappiamo viverli con il desiderio e l’umiltà del pellegrino, alla ricerca di senso e di assoluto. L’augurio è che la novena, con la sua forte valenza di itinerario spirituale alla scuola di San Giuseppe, sia per tutti il giusto corollario a queste belle realtà che interessano il nostro Santo, e la nostra e sua Copertino. Per intercessione di San Giuseppe da Copertino, Dio vi benedica e vi custodisca. fra Matteo Ornelli

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Cronologia di San Giuseppe da Copertino

1603 (17 giugno) Giuseppe Desa nasce a Copertino (Le) A COPERTINO (1625-1638) 1625 (19 giugno) A 22 anni entra nella famiglia francescana dei Conventuali. 1628 (28 marzo) Ordinazione sacerdotale a Poggiardo (Le). 1630 (4 ottobre) Prime estasi con levitazioni. 1638 (21 ottobre) Si reca a Napoli al Tribunale dell’Inquisizione. IN ASSISI (1639-1653) 1639 (25 aprile) Giunge al Sacro Convento di Assisi. Rimarrà per 14 anni. NELLE MARCHE (1653-1663) 1653 (23 luglio) Viene trasferito a Pietrarubbia. 1653 Nuovo trasferimento presso í Cappuccini di Fossombrone. Rimarrà per 4 anni. IN OSIMO (1657-1663) 1657 (91uglio) Rientra nella Famiglia dei Conventuali ad Osimo. 1663 (18 settembre) Chiude la sua vita terrena per entrare nella gloria di Dio. 1735 (15 agosto) È proclamato Servo di Dio da Clemente Xl. 1753 (24 febbraio) È proclamato Beato da Benedetto XIV. 1767 (16 luglio) È proclamato Santo da Clemente XIII.

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La storia di Copertino

I centri di origine medioevale, come Copertino hanno una origine molto discussa e spesso non ci sono delle dimostrazioni storiche certe. La tradizione vuole che la cittadina sia sorta intorno al 500 600 dopo Cristo, gli abitanti che vivevano sparsi nei casali di Mollone, Casole, Cigliano e Cambrò si riunirono e fondarono il piccolo centro urbano originario. Probabilmente tale realtà si sviluppo dopo, e solo nel 900, in seguito alle invasioni e alle aggressioni di arabi, e saraceni in particolar modo. L’agglomerato urbano preesisteva, infatti Copertino deve le sue origini definitivamente ai bizantini, gli abitanti sopravvissuti alle scorrerie e alle violenze saracene dettero vita ad una comunità nuova denominata “cittadella”, e poi, in un momento successivo la piccola neonata urbe fu chiamata “Conventino”, quindi “Cupertino” e in fine con il nome odierno di Copertino. Lo stemma di Copertino è rappresentato da un albero di pino con le radici in evidenza, e con al fianco del tronco le lettere C e P che significano Convento Populorum. Alla dominazione bizantina seguono le dinastie normanna, sveva e angioina. Forte risulta essere l’influenza di queste dinastie, specie nell’architettura religiosa. I Normanni per esempio fecero edificare un tempio di rito latino: la chiesa matrice, solo per contrapporlo al tempio di San Nicola che è di rito greco. Lo svevo Manfredi fece poi dedicare la stessa chiesa alla Vergine delle Nevi. Nella seconda metà del Duecento l’esercito di Carlo d’Angiò sconfisse gli Svevi e il casale di Copertino passò a Guido e Filippo De Pratis. Poi passò a Gualtieri di Brienne, che volle che il maschio venisse completato, erano gli svevi ad averlo iniziato. Quindi successero i d’Enghien. Con questi il territorio circostante a Copertino divenne contea, e Copertino capoluogo. Verso la fine del XIV secolo la popolazione era raggruppata in Universitas per motivi legati al rapporto politico che intercorreva tra il potere del popolo e gli interessi dei feudatari. Al fianco delle Universitas e contro i feudatari si poneva anche il clero contrario al regime di privilegi instaurato. Sul finire del ‘400 e durante la prima parte del ‘500 Copertino era diventato importante da un punto di vista commerciale. Gli uliveti e la enorme produzione di olio permetteva di prosperare e arricchirsi: l’olio veniva trasportato nella vicina cittadina portuale di Gallipoli e poi veniva spedito nei paesi del Nord Europa. La popolazione cominciò a concentrarsi intorno a Copertino e la curva demografica registrò una impennata. Nel 1400 Copertino fu conquistata dagli Aragonesi. Nel 1498 fu ceduta ai Castriota Scanderberg e grazie a questi durante la prima metà del 1500 Copertino risorse, vivendo uno dei periodi piu fiorenti della sua storia.Giovanni Castriota fece ristrutturare il complesso monastico di Casole. Suo fratello Alfonso rinforzò ed estese la cinta muraria, fece erigere il Monastero di Santa Chiara e soprattutto ampliò il vecchio maniero. Allo stesso modo importante fu la crescita dell’edilizia civile. Con la scomparsa dei Castriota, Copertino passò al Viceregno spagnolo. La contea di Copertino fu acquistata all’asta nel 1557 da Vittoria D’Oria; passò quindi a Giulio Cesare e nel 1582 alla sorella Livia. Nel XVI secolo Copertino godeva ancora di un elevato benessere. Il Rinascimento influenzerà l’architettura civile e religiosa: si edificarono sontuosi e nobiliari palazzi, i francescani edificarono un secondo convento: la grancia della Grottella. Lo sviluppo e la estensione dell’umanesimo spinsero laici e clero a costituire un Ospedale utile per le richieste di forestieri ed erranti, di ammalati e bisognosi. Nel 1580 a Copertino sorse la prima tipografia stabile di tutta la Terra d’Otranto. Nel frattempo agli Squarciafico erano subentrati i Pignatelli che conservarono il loro potere fino al sovvertimento della feudalità. Nel Seicento Copertino visse i fasti della storia grazie ai miracoli di fra Giuseppe Desa da Copertino. Un francescano dai prodigi eccezionali che la Chiesa innalzò alla gloria dell’altare. Il Settecento fu caratterizzato invece da carenze e scarsità, dalle epidemie e dai contagi, dal terremoto e in fine dalla oppressione fiscale dei Borbone. La rivoluzione napoletana nel 1799 spalancò le porte del Regno di Napoli ai Francesi. In teoria svanirono i soprusi e e le prepotenze feudali ma di fatto perdurarono tirannia e maltrattamenti di chi non accettava di essere stato spogliato di tanto benessere. Il matrimonio tra Francesca Paolina Pignatelli ed Angelo Granito di Belmonte costituì l’ultimo segno di feudalità, ormai senza potere. Per Copertino inizia l’età contemporanea. Un prolungato e pesante cammino che riguarderà tutto l’0ttocento,necessario per liberarsi da quella eredità del feudalesimo che aveva limitato sapere ed energie dei suoi uomini. Dopo l’unificazione della nazione Copertino dovrà fronteggiare una ulteriore e impegnativa fase di sviluppo. Fu bonificato il centro urbano, le strade divennero finalmente praticabili. Sarà adottato un codice, saranno introdotte delle regole che cominceranno a segnare l’inizio del vivere civile. Sorge un circolo culturale, un teatro, le strade sono illuminate con lampioni a petrolio, nasce la città borghese.

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La storia del Santuario

IL SANTUARIO La costruzione di questo santuario fu pensata nel 1753 anno della beatificazione di fra Giuseppe Desa. Nel 1754, dopo una serie di incomprensioni tra alcuni privati e l’Universitas, su disegno del copertinese Adriano Preite, si dette inizio ai lavori. Fu necessario abbattere un tratto di mura, la chiesa di San Salvatore e la misera dimora di donna detta “la Carlangiana”. Come si leggeva in un’epigrafe scomparsa, la chiesa fu terminata nel 1758. L’edificio è a pianta centrale e coperto a volta. Nel 1872 fu ingrandito con la realizzazione dell’attuale vano absidale. Un’iscrizione sulla parte esterna dell’abside rimanda al costruttore Quintino Lupo. Il suo interno è sobrio, elaborato da eleganti stucchi, contrapposto ad una facciata concava, di media elevatura, ma sinuosa per i grandi moduli e le volute in carparo. La chiesa ha tre altari. Quello maggiore, rifatto nel 1845 (ma quello attuale è del 1965), dal papa Pio IX fu insignito nel 1873 del privilegio di altare “quotidianamente e perpetuamente privilegiato“. Il secondo altare, a destra, inizialmente era dedicato alla Madonna del Carmine; dal 1930 è dedicato all’Immacolata. Il terzo altare, a sinistra, ora dedicato a S. Francesco d’Assisi (1930), era di San Salvatore, in ricordo dell’antica chiesetta demolita nel 1754. Nel 1930, dopo la lunga assenza a causa delle soppressioni napoleoniche e dell’Unità d’Italia, i Frati Minori Conventuali fecero ritorno a Copertino, e ad essi fu affidata la cura del Santuario dal vescovo Muller. Accanto alla chiesa i confratelli del santo costruirono il nuovo convento ed il seminario serafico.tag hauer replica watches All’interno del Santuario vi sono numerose reliquie del Santo, tra cui il cuore, giunto a Copertino da Osimo il 7 aprile 1953 e custodito nella Stalletta in cui egli nacque 4 secoli fa.replica watches LA STALLETTA La Stalletta ha un tetto a capanna fatto di paglia, canne e tegole, i muri scrostati, un camino e due stipetti a muro: un misero arredo seicentesco custodito intatto per secoli. In questa stalla si rifugiò mamma Franceschina per dare alla luce Giuseppe Maria, il futuro Santo dei voli. LA CASA PATERNA Non molto distante da dove era situata l’antica chiesa di San Francesco, e di fronte all’attuale Santuario, rimane come testimonianza storica la casa paterna del Santo, che fu trasformata in Cappella dopo la sua beatificazione. Mamma Franceschina la cedette in dote alla figlia Livia nel 1623, ma fu venduta qualche anno dopo. I frati della Grottella la acquistarono nel 1753.Sulla parete sinistra c’è una tela che rappresenta Mamma Franceschina in agonia (1645), assistita dalla figlia Livia e dai frati, mentre in alto il figlio Giuseppe, allora al Sacro Convento in Assisi, le appare sorridente.

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La storia del Santuario della Grottella

La storia del Santuario nasce nel 1543 d.c., anno in cui fu rinvenuta l’icona della “Madonna col Bambino” che ha creato le premesse per la costruzione della struttura monumentale e che oggi domina il centro dell’abside della Chiesa. Perchè il nome Grottella ? Probabilmente perchè l’immagine è stata rinvenuta in una grotta, perciò, il ritrovamento della grotta con dentro l’immagine dipinta di una Madonna rappresenta per i ricercatori il punto storico di partenza di questo santuario mariano. Il ritrovamento avvenne secondo alcuni tra il 1545 e il 1550, secondo altri verso il 1543, ad opera di un pastore che girovagava in un campo in cerca di un vitello smarrito. Addentratosi tra i rovi, vide un piccolo foro e, colto dalla curiosità, si accorse che in fondo ad un sotterraneo si intravedeva una immagine di Maria, davanti alla quale pendevano due lumi e di fronte, in ginocchio, posava lo smarrito vitello. Il fanciullo corse dal suo massaro il quale si preoccupò di avvisare il clero del paese. Dopo aver battezzato l’immagine “Madonna della Grottella”, il clero fece erigere inizialmente una cappella che divenne ben presto meta di pellegrinaggio e di venerazione per la gente del contado. Il Vescovo di Nardò di quel periodo, mons. Bovio, dopo aver constatato l’aumentato afflusso di fedeli pellegrini nell’occasione della sua venuta in visita pastorale a Copertino, dispose la costruzione di una Chiesa (quella ove ora ci troviamo) e l’immagine della Vergine fu incastonata nella parete centrale della Cappella. Siamo nel 1579. Congiuntamente il Vescovo fece costruire una residenza estiva per sè e per i suoi successori e solo più tardi, nel 1618, iniziarono i lavori per la costruzione del Convento annesso al Santuario. La Chiesa fu chiamata in un primo tempo S. Maria delle Grotte a conferma della supposta presenza di altre grotte nella zona, poi, S. Maria della Grottella. Col passare dei secoli, il Santuario ed il Convento vennero chiamati semplicemente “Grottella”. Perchè “S.Maria delle Grotte” viene da domandarsi. La storia narra che alcuni monaci di S. Basilio dall’8° all’XI° secolo giunsero nella terra salentina dall’oriente per sfuggire alla persecuzione degli imperatori iconoclasti. Dal 1884, anno dell’alienazione del complesso santuario-convento, fino al 1949, anno di riappropiazione dei frati minori conventuali, la struttura ha subito il degrado maggiore. Quando nel 1949, il complesso santuario-convento fu messo all’asta, i frati non si lasciarono sfuggire l’occasione e nella persona di p. Egidio Merola, allora padre guardiano, parteciparono alla vendita all’asta a Lecce e riuscirono così a riottenere il complesso santuario. Nonostante la legalità dell’acquisto, solo nel 1954 i frati poterono rimettere piede nel convento in quanto non riuscivano a superare le ultime resistenze opposte dagli eredi Quarta. ESTERNO E INTERNO DELLA CHIESA L’esterno della Chiesa presenta un ampio rosone; la primaria copertura a tetto è stata sostituita da quella in muratura, nell’occasione, il campanile nel 1964 è stato rifatto. Si entra nel santuario scendendo alcuni gradini. L’interno presenta un’unica navata. Lungo le pareti laterali si notano otto arcate, quattro per lato, entro cui sono stati inseriti in epoche diverse gli altari. La navata termina con l’arco trionfale dominato dall’altare della Vergine. Probabilmente, all’inizio la chiesa era tutta qui come si è detto, ossia nell’area corrispondente alla primitiva Cappella, ove sorse l’abside e negli otto archi privi di altari. Successivamente, forse quando la Chiesa venne donata dal Vescovo De Franchis ai frati minori conventuali nel 1613 dietro insistenza di p. Caputo zio di S. Giuseppe a mantenimento di una duplice promessa fatta alla Vergine della Grottella per i miracoli da lui ricevuti, vennero inseriti, sotto le arcate delle pareti laterali, degli altari ricoperti o da tele dipinte o da nicchie affrescate. Quella del Calvario, fu scoperta solo nel 1972 quando, spostando una tela dell’altare settecentesco sovrapposto si rinvenne, nel 1° altare a destra, una nicchia con in essa affrescata la scena del Calvario. Come questo, più o meno, dovevano essere gli altri altari, ossia su stile di nicchia con statua e con tele dipinte a pittura. Più tardi, tra il 1635 e il 1639 il pittore Girolamo De Domenico, insieme con lo zio, dipinse tutte le pareti spoglie, completando così gli altari. Sulla superficie scoperta del Calvario sono raffigurati episodi della passione di Gesù, precisamente i misteri dolorosi, anche se non tutti portati alla luce. Il 2° altare a destra: è di stile barocco, in pietra leccese. Nell’interno si trova la statua di S. Giuseppe Patriarca, anche questa in pietra leccese. Lo scultore è Giuseppe Longo (1691) come si può leggere sul frontespizio dell’altare. Sotto l’arco si intravede un riquadro di Dio e questo fa supporre che originariamente questo altare era dedicato alla SS. Trinità. LOCALI ANNESSI ALLA CHIESA Attraverso una piccola porta, si entra nella sagrestia. Sulle pareti si possono leggere alcune massime del santo che coprono gli originali affreschi. Attraverso una scaletta sulla destra, si accede al chiostro e, prima ancora al salone del Vescovo, posto a sinistra. Il Salone del Vescovo fu costruito insieme alla chiesa nel 1579 e venne in parte restaurato nel 1981. Prima di immettersi nel Chiostro della Samaritana si possono osservare sulla sinistra, per chi viene dalla sagrestia, due affreschi che riproducono rispettivamente: la Samaritana e il Battesimo di Gesù. All’interno del chiostro si può osservare che la struttura edilizia, sorta un tempo come abitazione civile, era costituita da un piano terra con il santuario, il portico-chiostro, ampie sale con camini decorativi in ogni stanza e un primo piano, munito anche di saloni. La struttura subì inevitabili modifiche allorquando si profilò la necessità di doverla adattare alle esigenze di una comunità religiosa. Infatti, furono tramezzati i saloni al 1° piano per ricavarne celle. Sorse così un modesto convento e solo per interessamento di S. Giuseppe non fu chiuso nel 1652, epoca in cui molti piccoli conventi, per decreto di Innocenzo X, furono chiusi. Tuttavia, occorreva ingrandirlo. Per questo si costruì sul lato sud un nuovo corpo caratterizzato da ampi corridoi che circondavano il chiostro. Più tardi, su interessamento di p. Zecca,l’edificio fu allargato con la costruzione del “Refettorio dei Pellegrini” (1688-1691) e altre sale a

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